ANTHONY JOSEPH

Pochi poeti contemporanei insegnano Scrittura Creativa e allo stesso tempo riescono a infervorare il vasto pubblico dei festival musicali di tutto il mondo.
Anthony Joseph è uno dei principali scrittori della sua generazione. Poeta, scrittore, accademico e musicista.

Nato a Trinidad, vive nel Regno Unito dal 1989. È autore di tre raccolte di poesie, un album spoken word e un romanzo di culto afro-futurista (“The African Origins of UFOs”) edito da Salt Publishing nel 2006. Nel 2004 è stato selezionato dall’Arts Council come uno dei 50 scrittori neri e asiatici che hanno dato il maggior contributo alla letteratura contemporanea britannica.
Ma il suo talento si esprime al meglio soprattutto nella musica. Anthony Joseph mette in musica i suoi testi: scrive poesia come se fosse musica e musica come fosse poesia.

Nei suoi 7 album pubblicati, Joseph ha inventato una esplosiva formula musicale: voodoo caraibico, funk purissimo e agilità improvisativa jazz. Album che gli son valsi attenzione e fama internazionale, anche grazie a performance live letteralmente mozzafiato. Un insieme sinuoso e vivace di composizioni che spaziano tra Afro-rock, Ethio-jazz, Afrobeat e Free-funk, segnato dal flusso magnetico della sua voce unica.

Dopo il suo precedente album registrato a Trinidad, Anthony Joseph ha deciso di immergersi nell’energia di Londra, sua città adottiva, e la sua vivace scena jazz.
Il nuovo album “The Rich are only defeated when running for their lives” é stato registrato sotto la guida di Jason Yarde (Jazz re-freshed) e con la collaborazione di Shabaka Hutchings.

press

“E’ pura letteratura, nel senso che Anthony Joseph è prima di tutto uno scrittore, trasportata con espressiva violenza in musica. Una miscela rovente funk e jazz al servizio di un progetto che ricorda i reading di poesia in jazz.”
Gino Castaldo, la Repubblica, 11/12/2011

“Anthony Joseph. Nascita caraibica, residenza inglese, poeta, romanziere, insegnante di scrittura creativa. Musicista eccelso, anche se di lui si dice che mette in musica le sue poesie e basta. E basta? Ascoltiamolo in concerto nell’anfiteatro di Piazza del Nuraghe a Sant’Anna Arresi.
L’avvio è in modalità ultra-free col sax contralto di Jason Yarde in primo piano. Grande improvvisatore, già partner di Louis Moholo-Moholo. Ma è solo l’inizio, è solo uno sferzante e siderale preludio. Poi si parte su un tempo diciamo funky, basso e chitarra nella luminosa norma di una musica metropolitana con sapori d’Africa. Il cantante Joseph sfoggia il suo avvincente sprechgesang molto vicino al declamato. Il rito è trascinante. Sensi accesi, gli intermezzi e i controcanti dei due sax funzionano a meraviglia, la temperatura sale, la bravura dei musici è tanta. Quando il tempo si fa più lento si sente bene il languore di notti erotiche/ribelli. La seduzione è completa. Joseph recita un suo poema/manifesto: ricorda la morte di George Floyd, il Black Panther Party, l’idea di rivoluzione coniugata con la pratica intima di una sintonia con il mondo.”
Mario Gamba, Il Manifesto

“La stessa sera, per quello che probabilmente è stato il clou (inaspettato) della rassegna, Anthony Joseph, accompagnato da una band semplicemente micidiale, ha fatto strike. Filosofia, attivismo, profumi di Caribe, spezie d’Africa, diaspora e rivoluzione, miraggi, il critico butta la penna e il ciancicato quadernetto nella borsa di tela e finalmente si mette a ballare, diventando tutt’uno con la musica. Immaginate degli Heliocentrics meno fumosi e fumati e più solari (il sassofonista Jason Yarde è in entrambe le band) e la potenza schiacciasassi dei Fishbone di un capolavoro come The Reality of My Surroundings: un ritmo poliglotta, vero e proprio inno al meticciato, portato avanti con naturalezza da un ensemble che è una vera e propria macchina da guerra, a cui infatti il cantante, carismatico, soulful e coinvolgente, lascia amplissimo spazio per digressioni liberatorie e fluviali. Swing Praxis: il jazz, il funk, il blues non sono solo un groove, ma un modo di pensare, di vivere, ci dice il leader; lo stile conscious dei suoi poemi in musica è la risposta virata in arcobaleno del mood teso e grigio di una Moor Mother. Il disco, presentato in anteprima assoluta a Sant’Anna, uscirà nel 2021. Nel mentre recuperate People of the Sun del 2018 e seguite questa band fantastica. Puro distillato di gioia.”
Nazim Comunale, Il Giornale della Musica

“Molto coinvolgente e piacevole lo show di Anthony Joseph, fra afrobeat, soul, funky, con testi di profilo politico, con riferimenti all’esperienza dell’immigrazione in Gran Bretagna e richiami a figure come l’intellettuale marxista e anticolonialista (come Joseph originario delle Antille) C.L.R. James e il rivoluzionario afroamericano George Jackson. Pregevole nella creazione dell’atmosfera dei brani l’utilizzo della sezione dei sax, nella quale figurava come ospite Shabaka Hutchings, e uno spettacolo in sé la potenza e il dinamismo travolgente del batterista Rod Youngs.”
Marcello Lorrai, Radio Popolare

“Nativo di Trinidad, Joseph è una singolare figura di poeta-musicista fautore di una contagiosa commistione di generi di matrice afroamericana su cui adatta in maniera dinamica ed espressiva la metrica dei propri versi, densi di connotati sociali e politici. La scansione e l’articolazione richiamano in qualche misura il poetry reading di Amiri Baraka, piuttosto che ricollegarsi a stili contemporanei come il rap. In linea generale, i contenuti musicali non si distaccano da una tendenza all’ibridazione insita da decenni nella scena musicale inglese e recentemente riaffermatasi – con esiti talvolta discutibili – nell’ambito della cosiddetta new wave del jazz britannico. Alimentato dalla pulsante ritmica formata da Remy Thibaud (chitarra), Andrew John (basso elettrico) e Rod Youngs (batteria), il torrenziale groove è impregnato di elementi soul e funk, con evidenti riferimenti a James Brown, ed afrocaraibici. Compatta e precisa, la sezione sassofoni inietta corpose dosi jazzistiche anche grazie ad alcuni efficaci assolo di Yarde e a un intervento di Webster: lancinante, belluino, memore del free inglese. Anche qui non mancano riferimenti – ora fugaci, ora palesi – al lascito dei grandi sudafricani, dai quali la scena inglese è stata segnata indelebilmente.”
Enzo Boddi, Musica Jazz

“Tutt’altra storia con la band del poeta e vocalist originario di Trinidad Anthony Joseph, formata da Jason Yarde, Colin Webster e l’ospite Shabaka Hutchings ai sassofoni, Thibaut Remy alla chitarra, Andrew John al contrabbasso e Rod Youngs alla batteria. Qui il funky è potente, il groove impressionante e il carismatico cantante Anthony Joseph trascinante, con brani i cui testi sono sue poesie e con un avvincente sprechgesang molto vicino al poetry reading di Amiri Baraka ricordando la morte di George Floyd, il Black Panther Party, l’intellettuale marxista C.L.R. James e il rivoluzionario afroamericano George Jackson. Joseph lascia amplissimo spazio alle divagazioni lancinanti e belluine dell’ensemble, in ispecie dei tre sassofonisti che spesso si innalzano in turbinii estatici propri del free più impervio e infuocato.”
Aldo Gianolio, Jazzitalia

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